August Sander, ritratti della Germania del XX secolo

August Sander (1876 - 1964) fu un fotografo della scena tedesca del XX secolo, oggi tra i più conosciuti dell’area germanica di quell’epoca.

Il periodo precedente aveva visto diversi fotografi unirsi nello sforzo di sperimentare con i limiti della fotografia, soprattutto con l’obiettivo di farsi accettare nel mondo dell’arte come un reale mezzo di espressione e non come una semplice trovata per riprodurre scientificamente immagini da una lente.

Sander rappresenta la generazione immediatamente successiva al Pittorialismo, che nonostante il superamento si estende fino al 1940 e influenza comunque il lavoro del fotografo attraverso una serie di elementi.

La carriera di August inizia nel 1911 e diventa pienamente matura nel 1920. Sarà un fotografo molto prolifico e i suoi soggetti spazieranno dalla paesaggistica al fotogiornalismo, al documentarismo e alla street, anche se è la ritrattistica a lasciare una maggiore impronta e renderlo famoso. L’attenzione per l’esperienza umana lo porta a pubblicare “People of the 20th century” nel 1911 e Faces of our time nel 1929.

Sander entra a far parte del gruppo Cologne Progressive, che portava avanti l’idea di una Nuova Oggettività, vista come molto radicale all’interno del loro contesto storico. August sceglie di scattare non solo soggetti della classe medio alta ma soprattutto operai, mendicanti e lavoratori umili come fornai e muratori: si tratta di scatti che oggi siamo abituati a vedere molto più spesso e che si integrano nella nostra normale quotidianità, ma che all’epoca rappresentavano una scelta controversa ma meditata.

I suoi soggetti e il suo stile verranno ripresi, negli anni successivi e in altri luoghi, dalla fotografia di Diane Arbus, che più volte nomina appunto August Sander tra le sue influenze più grandi (chiaro ad esempio è il fascino che entrambi hanno per i circensi). I collegamenti tra i due fotografi si paleseranno su diversi livelli.

Sander rappresenta uno dei primi fotografi a immortalare persone che non posseggono i canoni di normalità, specialmente per gli anni 20, e il primo a trovare bellezza e interesse in costoro. Si vedono in queste immagini alcune delle caratteristiche più comuni al pittorialismo, come la ridotta profondità di campo, che risulta sfocato, quasi come se i soggetti siano di fronte a un quadro, nitidi in contrasto con lo sfondo.

Sander gioca con la stranezza anche in termini di proporzioni tra gli elementi soggetto, trasmettendo una sensazione che è quasi allucinatoria. Sono elementi di progressismo, pensati e riflettuti e non improvvisati, come la bambola che sembra camminare accanto al bambino sul cavallo giocattolo e che proprio per questo a prima vista sembra un piccolo essere umano.

Nel suo lavoro possiamo notare una certa ricorrenza nell’utilizzo di due soggetti insieme, una formula che diventerà un tratto distintivo di August, al quale poi anche Diane Arbus guarderà con molto interesse. Un’altra caratteristica interessante che si intravede in entrambi è la presenza dell’androginia, che sfuma i confini tra maschile e femminile, intenzionalmente o meno.

I volti delle sue fotografie lasciano intendere un certo turbamento, figlio sicuramente del periodo storico post bellico e della crisi economica. In questo, Sander riesce a mettere persone di ogni classe sociale allo stesso livello, e questo lo porta a un grande successo almeno fino all’avvento del nazismo e al suo inserimento nella lista degli artisti “degenerati”. Si ritira in campagna fino al 1951, soprattutto per salvare i suoi negativi dalla distruzione della repressione, e viene riscoperto durante una fiera internazionale di fotografia. Alla morte, avvenuta nel 1964, Sander lascia in eredità, con la Arbus in prima fila, tutti questi volti che ci fissano da un altro tempo e che sembra abbiano (ancora) qualcosa da dire.

Avanti
Avanti

Contro la violenza sugli animali nell’Arte.